Genuino Day @ SciFabLab: 2/4/2016

Il pomeriggio di Sabato 2 Aprile, dalle 16 alle 19, anche lo SciFabLab celebrerà il Genuino Day, evento internazionale dedicato a Genuino (noto ai più con il nome precedente di Arduino), questa famosissima piattaforma a microcontrollore di basso costo e soprattutto Open Source / Open Hardware. L’evento è rivolto a tutti, con ingresso gratuito.

On the afternoon (4pm – 7pm) of Saturday, April 2nd, our SciFabLab will celebrate the Genuino Day, an international event devoted to Genuino (well known to most people with its former name of Arduino), this incredibly famous micro-controller platform, both low-cost and open source / open hardware. The event is open to all and the admission is free.

Programma Genuino Day @SciFabLab – 2 Aprile 2016

  • apertura dello SciFabLab alle ore 15:00 come di consueto, visite guidate al Fablab
  • 16:00 – 17:30 mini conferenze / workshop
    • 16:00 “Introduzione al mondo di Genuino” (Carlo Fonda)
    • 16:20 “Genuinamente femminile” –progetti opensource per l’altra metà del cielo (Gaya Fior)
    • 16:40 “Astronomia Genuina” –progetti didattici in campo astronomico (Michele Maris)
    • 17:00 “Come scegliere la tua Board” –consigli per chi comincia (Federico Deganis)
  • 17:30 – 19:00 “Show and tell” dimostrazioni di progetti sviluppati da vari maker locali
    • venite a presentare i vostri progetti!!!
  • esempi di alcuni progetti esposti: Scala Musicale (Gaya Fior), piastra di Chladni Arduino-based (Taddea Druscovich), esperimenti per un sistema automatico di irrigazione (Arturo Sandrigo), etc.etc.
  • dopo le 19 lo SciFabLab rimarrà aperto per gli ospiti con il solito orario (fino alle ore 21:00), mentre la serata del Genuino Day continuerà in centro a Trieste (Piazza della Borsa, 19:00–22:00) a cura del Mittelab (http://mittelab.org/eventi/genuino-day-2016/)

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Hephestos 3D printer Upgrade

Post introduttivo e indice.

Una serie di kit di montaggio delle stampanti Hephestos includeva l’estrusore HeatCore Unibody formato da dissipatore e ugello da 0.4mm in pezzo unico di acciaio cromato montati su un sistema di trascinamento di tipo diretto.

HeatCore_Unibody

Questo estrusore con il passare del tempo degrada le proprie prestazioni, il termistore si ossida e non mantiene stabile la temperatura dell’hot end causando intasamenti e vari altri problemi. Poi con un uso intensivo l’estrusore tende a consumarsi e quando sorge l’esigenza di sostituire l’ugello, questo non è possibile.

Trovandomi con una stampante diventata inutilizzabile per questi motivi ho pensato la seguente trasformazione.

Sostituzione del sistema di estrusione con estrusore E3D V6 e riutilizzo del sistema di trascinamento trasformandolo da diretto a Bowden.

L’estrusore E3D V6 oltre ad essere conveniente, viene fornito con tutto l’occorrente per l’utilizzo con tubetto bowden per filamenti da 1.75mm o da 3mm.

Per questa modifica ordineremo un hot-end E3D v6 per filamento da 1.75mm.

E3DV6Con questa trasformazione si riduce l’inerzia sull’asse X causata dal peso del motore di trascinamento del filamento e di conseguenza si riescono ad ottenere stampe più accurate.

 

Materiale occorrente:
Vecchio estrusore HeatCore Unibody da smontare;
Estrusore E3D v6 completo di tubetto bowden, ventilatore e fanduct e nozzle da 0.4mm (acquistabile su Ebay)
Viti e/o brugole e rondelle piane M3, M4, M2.5. (per chi lo avesse è possibile usare alcune viti avanzate dal kit originale di montaggio della stampante)
1 cuscinetto a manicotto LM8UU da aggiungere sul carriage.
Flangia in alluminio o ferro da 60x22mm spessore 2.5mm da sagomare e forare per il fissaggio dell’hotend al carriage.
Saldatore con punta sottile
STL da stampare (link in fondo all’articolo)
Pazienza QB….

 

Smontaggio e trasformazione del’estrusore HeatCore Unibody.

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Con la chiave a brugola (quella più grande fornita con il kit Hephestos) svitare le due viti che fissano il ventilatore tangenziale di raffreddamento del PLA.

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Con la chiave di misura più piccola (sempre fornita con il kit Ephestos) svitare le altre due viti che fissano il telaio porta ventola al corpo estrusore.

Svitare le 2 viti che fissano il ventilatore 40x40mm e relativo dissipatore.

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Svitare le due viti che fissano il sistema di trascinamento del filamento al motore.

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Con una chiave a brugola da 2mm svitare il grano che tiene bloccato l’hotend al sistema di trascinamento filo ed estrarre l’hotend.

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Ora avvitare nel foro filettato che prima era l’ingresso del filamento, la boccola di innesto del tubetto bowden.

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Riassemblare il sistema di trascinamento al motore orientandolo in modo che il connettore di alimentazione del motore sia rivolto verso l’interno della stampante o verso il basso.

In questo modo sarà più agevole il passaggio dei fili di alimentazione.

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Come si può notare quella che prima era l’entrata del filamento diventa senza problemi l’uscita con la boccola di innesto del tubetto bowden che porta il filamento all’estrusore E3D v6.

Il tubetto fornito con l’hotend deve essere accorciato alla misura opportuna tale da non causare curve troppo strette quando il carrello raggiunge le posizioni più estreme e non deve essere nemmeno lasciato troppo lungo in quanto il filamento potrebbe causare troppo attrito e il sistema di spinta potrebbe non farcela generando la ben nota serie si scatti che possono essere l’avvisaglia di un blocco dell’estrusore.
Consiglio di lasciare il tubetto piuttosto lungo ed eventualmente accorciarlo gradualmente se si riscontrano problemi.

Il motore di trascinamento del sistema bowden sarà fissato al telaio in duralluminio della Hephestos con due viti (si possono utilizzare delle viti nere M3 avanzate dal kit di montaggio. Frapporre due rondelle piane tra il motore + spingifilo e il telaio in duralluminio in modo da evitare che l’albero motore vada in contatto con il telaio della stampante.

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Il filamento proveniente dalla bobina che può restare allo stesso posto entrerà nel sistema di trascinamento dalla ex uscita per uscire dall’ex entrata.

L’operazione di inserimento del filamento dovrà essere effettuata tenendo premuta la leva del serrafilo ed infilando il filamento da sotto e facendolo scorrere nel bowden fino al raggiungimento dell’Hot End.

Ho collaudato il sistema con stampe di qualche ora con filamento dalla superficie ruvida senza problemi di sorta.

L’importante è che il tubetto bowden non sia troppo lungo.  Deve essere calibrato in base alla massima escursione della testina di stampa rispetto al motore di trascinamento.

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ASSEMBLAGGIO ESTRUSORE

Ora passiamo alll’assemblaggio della parte estrusore.

Prima di passare all’estrusore è necessario stampare le parti che compongono il nuovo carrello X. Il carrello originale era piuttosto instabile (minimale) e comunque non adatto al nuovo estrusore.

Quello che propongo io è derivato dalla Prusa i3 originale, dotato di 4 cuscinetti ed un sistema di autofissaggio della cinghia di trascinamento senza la necessità di fascette.

Le parti sono X-carriage front e X-carriage rear (gli stl si trovano nello zip linkato alla fine della sezione)

         X_CARRIAGE_FRONT_HEPH.stl                                    X_CARRIAGE_REAR_HEPH.stlX-carriage front X-carriage back

carriage1 carriage2

Alloggiare i 4 cuscinetti LM8UU nel X-carriage front ed inserire gli estremi della cinghia GT2 nelle feritoie sagomate con il passo della cinghia GT2 senza tendere troppo la cinghia che verrà tesa dopo con l’apposito tendicinghia. Se si utilizza una cinghia GT2.5 si dovrà fare più fatica o meglio ridefinire il passo delle sagome.

Assemblare poi la parte X-carriage rear assieme al supporto catena  (quella che racchiude i fili elettrici) chain holder

chain holder

e al carriage vero e proprio mediante 4 viti M4

carriage

Questo è l’esploso di come vanno assemblate le parti e l’HOTEND fissato mediante una flangia da 60x22mm e spessore 2.5mm  in alluminio o ferro opportunamente sagomata e due viti M4.
Si trovano anche in internet con le opportune ricerche.

flangia fix HOTEND

esploso carriage1Il risultato è questo:

IMG_2365aI cavetti del riscaldatore, del termistore e del ventilatore devono passare attraverso il foro come in figura.

Il carrello montato visto da dietro. Le fascette anche se presenti nella foto non servono in quanto le viti che tengono il carriage, tengono assieme tutta la struttura.

IMG_2363AI cavi rossi del riscaldatore i cavi bianchi del termistore e i cavi rosso e nero del ventilatore E3D v6 vanno regolati opportunamente ed intestati con i relativi connettori recuperati dal vecchio estrusore.

IMG_2365bQuesta operazione andrebbe fatta prima di assemblare l’estrusore sul carriage in modo da verificare che i connettori passino attraverso il foro citato prima. Eventualmente lo si può allargare con una punta di trapano.

Connessi tutti i cavi, verificato che il ventilatore giri subito (che sia connesso al 12Vcc) che l’Hotend si riscaldi a dovere, si può caricare il filamento di PLA premendo l’apposita leva sul dispositivo di trascinamento e far scorrere il filamento attraverso il bowden fino al raggiungimento dell’Hotend.

Se questo si trova a 200°C, spingendo a mano il filamento con più forza, dall’ugello inizierà ad uscire il filino da 0.4mm estruso.

Ora la stampante è operativa. L’estrusore E3D v6 è dotato della sua ventolina 30×30 di raffreddamento che deve girare sempre. Se non dovesse girare, collegarla all’altro connettore. Facciamo una stampina di collaudo e passiamo alla stampa del supporto ventilatore di raffreddamento PLA e relativo fanduct.

Le parti da stampare sono fanduct_pla.stl e fanduct_pla_end.stl   nel zip a fine post.fanduct_pla fanduct_pla_end

Le due parti vengono stampate separatamente e poi vengono assemblate e tenute assieme da due viti M3.

Il foro più basso sul fanduct_pla è asolato per permettere una piccola regolazione di qualche millimetro in altezza del fanduct end.

slicer fanduct_plaIMG_2364

I dati per la stampa sono i seguenti:

LH02
PLA a 200-210°C (eventualmente valutare la temperatura ottimale in base al PLA usato)
Velocità 30mm/s
Infill 50%
Supporti ovunque con densità del 5%   da togliere con attenzione dopo la stampa!
Piatto riscaldato a 60°C se presente.

La stampa del Fanduct_pla_end, va fatta appoggiandolo sulla ciambella forata finale.

slicer fanduct_pla_endI dati per la stampa sono i seguenti:

LH02
PLA a 200-210°C (eventualmente valutare la temperatura ottimale in base al PLA usato)
Velocità 30mm/s
Infill 50%
NO Supporti
Piatto riscaldato a 60°C se presente.

Ripulire ed assiemare con attenzione smussando eventualmente gli angoli per favorire lo scorrimento delle parti.

Montare il ventilatore 40×40 sull’apertura, e far passare i suoi fili di alimentazione all’interno del fanduct facendoli uscire dietro da un forellino praticato con il trapano o con la punta di un saldatore.

Intestate poi i cavi del ventilatore con il connettore recuperato dal ventilatore tangenziale del vecchio estrusore e collegateli ai cavi provenienti dalla RAMPS.
Se all’accensione della stampante dovesse accendersi subito questo ventilatore significa che sono stati scambiati i connettori. Questo Ventilatore si accende a stampa iniziata al secondo o terzo layer in base alle impostazioni dello slicer e solamente usando il PLA.

Fissare le due parti con due viti M3 sul foro asolato ed inserire da sotto appoggiandolo sul carriage.

IMG_2367

Serviranno due vitine da 2.5x 15mm meglio se autofilettanti per bloccare la struttura sul carriage.

In questo zip STL_trasformazione.zip sono contenuti tutti gli STL delle parti necessarie per la trasformazione della stampante.

Dopo questa trasformazione la Hephestos è rinata a nuova vita.
Le stampe risultanti sono più precise, i layers sono più ordinati e le disfunzioni dovute alla temperatura variabile del PLA e all’inerzia del motore di trascinamento sono scomparse.
Le foto testimoniano.

Post introduttivo e indice.

Hackathon ep 0

Domenica si è conclusa la prima edizione triestina ed italiana dell’hackathon. L’evento consisteva in una maratona informatica di 27 ore no stop. I partecipanti erano divisi in gruppi. I team potevano essere già formati all’iscrizione o si creavano al momento. Lo scopo della maratona era di inventare qualcosa che fosse utile alla comunità. All’interno del magazzino 26 c’era un nostro stand preposto per le stampe 3D di gadget, oggetti utili ai concorrenti ed altro ancora. Inoltre il nostro responsabile, Ernique Canessa, ha partecipato con un gruppo suo.

La competizione è iniziata intorno alle ore 9 di sabato. Durante tutta la giornata di sabato c’era un scambio continuo di persone facenti parte dei gruppi , di famigliari dei partecipanti o di interessati. Nel corso del pomeriggio venne istituito un piccolo laboratorio per i bambini. Quest’ultimi, tra le altre cose, potevano far muovere un robottino tramite il tablet. Per concludere la giornata di sabato, e tenere alti gli animi dei notturni hacker, dalle ore 22 hanno suonato vari dj e gruppi, tra le quali DJ Greta.

La mattina di domenica è stata un po’  più frenetica, in quanto mancavano poche ore alla fine della gara. Alle 12:30 la competizione si è conclusa. Al termine I gruppi hanno esposto ai giudici i loro elaborati. Nell’attesa del verdetto ogni gruppo aveva 3 minuti per esporre il proprio lavoro al pubblico. Inoltre venne creata una tavola rotonda nella quale, tra le altre cose, si parlava della differenza nell’approccio alla tecnologia tra i paesi sviluppati e quelli meno. “La differenza è che noi possiamo permetterci di sbagliare perché abbiamo le risorse per poterlo fare. Mentre nei paesi in via di sviluppo non si posso permettere di sbagliare poiché non hanno nessuno modo per ricomprare l’oggetto rotto” ci racconta Carlo Fonda.

Infine, Intorno alle 19:00, la giuria è arrivata ad un responso. Il vincitore della edizione dell’Hackathon è il team Parkloud ideatori del parcheggi intelligenti.

La prima edizione italiana è stata un successo, ottenendo un numero di iscritti del tutto superiore alle aspettative e l’attenzione dei media confermata dalla presenza de “Il Piccolo“. Speriamo dunque che sia la prima di tante edizioni.

 

 

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Album fotografico

Preparativi

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Gruppo FabLab

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Istruzioni sulla gara.

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 I gruppi

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I piccoli programmatori.

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I trofei.

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Esposizione del lavoro ai giudici.

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I vincitori.

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Lezione/conferenza all’ISIA di Firenze

Mercoledì 16 marzo si è svolta una lezione/conferenza (a cura dell’ICTP SciFabLab e su invito del prof. Simone Paternich) presso l’ISIA (Istituto Superiore Industrie Artistiche) di Firenze, un istituto statale di livello universitario che offre corsi triennali e specialistici in design del prodotto e della comunicazione. La lezione si è incentrata sulle tecnologie di stampa 3D e sulle loro applicazioni più interessanti per il design di oggetti. Iniziando con l’introduzione a tecnologie e macchine, con particolare attenzione a quelle di basso costo e open, si è brevemente accennato alla loro evoluzione storica per passare poi ad una breve guida pratica al loro utilizzo, scoprendo quali sono gli errori più comuni di modellazione o i problemi in fase di stampa che possono generare difetti nell’oggetto finito.

 

Questa parte introduttiva ha incluso anche una breve introduzione a come si può realizzare un oggetto 3D utilizzando OpenSCAD, un linguaggio di modellazione per chi si sente programmatore.

Infine nella seconda ed ultima parte sono stati analizzati alcuni oggetti progettati tenendo in debita considerazione i limiti ma soprattutto le peculiarità del processo di stampa 3D FDM, che permettono ad esempio di realizzare complesse parti meccaniche in movimento composte da diversi elementi, il tutto con una sola operazione di stampa, e soprattutto senza necessità di assemblaggio successivo (alcuni esempi utilizzati –tratti dall’immenso archivio di Thingiverse–sono stati: “Platform Jack“, “Wrench, Adjustable, Stubby“, “The Armadillo – A Case of Two Halves“, “Preassembled Spherical Geneva Drive“, “Gear Bearing” e “Blossoming Lamp“). Un altro esempio di oggetto “impossibile” che è realizzabile esclusivamente con il 3D printing è quello del giroide, una superficie geometrica che assomiglia ad una spugna e che presenta caratteristiche di grande interesse che la rendono -ad esempio- uno scambiatore termico ideale.

Slides della lezione: file PDF di 35MB (scaricabile, licenza CC by-sa)

Piccola galleria fotografia dell’evento.

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Hands(H)ome: prototipo di interfaccia semplificata per la domotica con arduino

Le interfacce per il controllo della domotica nascono dall’esigenzqa di collegare la grande varietà di elettrodomestici e dispositivi elettronici che, ormai da diversi anni, sono entrati in larga misura nella case degli utenti. Questi sistemi permettono, oltre un generale risparmio energetico, la gestione delle diverse funzioni della propria abitazione, siano esse il controllo della climatizzazione degli ambienti, la gestione dell’illuminazione e dei carichi elettrici, l’apertura e la chiusura di porte e finestre, il sistema di sorveglianza, etc. Un ambiente antropizzato può quindi essere gestito nella sua totalità grazie all’uso delle più svariate tecnologie: computer, touchscreen, smartphone, tablet, o ancora telecomandi e tastiere evolute. Il progetto Hand(s)Home vuole offrire un prototipo di interfaccia utente semplificato per la gestione della casa, che vuole porsi come esempio concreto di sistema universalmente accessibile. Il progetto realizzato è infatti inteso per essere alla portata di tutti: anziani, persone con difficoltà o disabilità fisiche, ma anche per l’utente medio o l’esperto in tecnologia che ha bisogno di una certa immediatezza e semplicità d’utilizzo. L’interfaccia proposta vuole essere un esempio di tecnologia a basso costo aperta al pubblico. L’idea alla base del progetto, costruito con materiali ed elettronica a basso costo, è che chiunque possa accedere ai file della programmazione e del design, così che la tecnologia possa essere riprodotta e migliorata da chiunque voglia proporne una propria implementazione. Il lavoro, che è stato la tesi di laurea magistrale di Giorgia Sperandio e che ha visto svolgersi la sua parte pratico-realizzativa presso l’ICTP SciFabLab, ha avuto inizio da un’analisi dello stato dell’arte nel campo delle interfacce utente (non solo in ambito domotico) e da una ricerca sulle caratteristiche delle interfacce domotiche presenti sul mercato. L’autrice si è poi dedicata al design, alla creazione e all’assemblaggio delle componenti, realizzate tramite stampa 3D e taglio laser. La parte di controllo ha invece sfruttato un microcontrollore Arduino Mega 2560, a cui sono state cablate le componenti necessarie per il funzionamento del sistema.

Si può comprare il libro che descrive il progetto sul sito dell’editore Sandit o prenderlo in prestito nel nostro laboratorio.

ManiPolare per Comunicare

L’ICTP SciFabLab ha ospitato i lavori della tesi di laurea di Elena Dall’Antonia, che ha pensato di rendere tangibile l’alfabeto gestuale del LIS. Il progetto la visto la creazione e la realizzazione di 26 manine stampate in 3D, una per lettera dell’alfabeto. Le mani stampate servono per aiutare a capire e apprendere il linguaggio dei segni, attraverso una serie di giochi per bambini che prevedono anche l’utilizzo di una mano robotica controllata da Arduino.

Vi forniamo un link al sito ufficiale per scoprire di più sull’intero progetto, chiamato “Manipolare per Comunicare”. Potete anche leggere un breve articolo che lo descrive.

 

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Progettazione di un tutore bi-articolare per il ginocchio

Il ritrovamento del centro di inizio rotazione del ginocchio e la progettazione di un tutore bi-articolare

A seguito di uno studio basato sul confronto tra traiettorie, è stata determinata l’entità del moto roto-traslatorio effettuato dal ginocchio nel suo movimento di flesso estensione; i risultati hanno poi permesso di progettare un dispositivo meccanico che riproduce tale cinematismo.

Uno studio successivo, basato sull’elaborazione software tridimensionale dei segmenti ossei del ginocchio (verificato poi con stampa 3D), ha permesso di rintracciare tramite una procedura grafico-matematica, il relativo “centro di rotazione” localizzato su ogni singolo condilo femorale attraverso i quali passa l’asse di rotazione del moto roto-traslatorio.

Tale ritrovamento permette così, sia un preciso allineamento tra l’asse di un dispositivo meccanico con quello fisiologico condiloideo, sia la precisa localizzazione del punto antropometrico funzionale dal quale poter misurare esattamente la distanza tra i centri di rotazione delle articolazioni vicine con la creazione di tutori biarticolari (ginocchio-caviglia) o tri-articolari (anca-ginoccio-caviglia) costruiti sugli esatti rapporti antropometrici del singolo, che a differenza degli attuali, evitano conflitti tra le traiettorie causa dell’insorgenza di dolore nel movimento.

Il progetto

Mentre i tutori tri-articolari trovano applicazione negli esoscheletri riabilitativi per paraplegici, un settore specifico nel quale è richiesto l’utilizzo di tutori bi-articolari, è quello che riguarda i pazienti con esiti di poliomielite, pazienti che in genere ogni 2 anni (in Italia) sostituiscono l’ausilio in considerazione dell’usura e/o delle modifiche morfo/anatomiche che la malattia produce.

Seppure il numero di casi di poliomielite sia drasticamente diminuito negli ultimi anni, passando da 350.000 del 1988 ad una media attuale annua di circa 1.000, le problematiche motorie di tali pazienti comunque, non hanno speranza di migliorare e costringono il poliomielitico all’utilizzo del tutore per tutto il resto della vita.

Come già anticipato, attualmente i tutori vengono realizzati su riscontri radiologici, utilizzando in genere degli snodi al ginocchio che però non ripropongono il moto roto-traslatorio (come la fisiologia vorrebbe), ma rotatorio che crea incompatibilità funzionali anche importanti soprattutto nel passaggio dalla posizione in piedi a quella seduta durante il quale c’è l’insorgenza di dolore acuto.

Altro fattore importante sul comfort offerto dal tutore stesso è la qualità del suo confezionamento che dipende in maniera determinante dalla manualità del tecnico ortopedico che predispone il dispositivo stesso.

Alla luce di queste ultime considerazioni il progetto impostato prevede  la realizzazione dei tutori bi o tri articolari che presentino un comfort molto più rilevante vista la possibilità di adottare una movimentazione al ginocchio che rispetti il moto roto-traslatorio peraltro perfettamente allineato con gli assi di rotazione di ogni singola articolazione.

A tal fine il progetto stesso è stato suddiviso in due fasi una iniziale (locale) ed una successiva “globale” ognuna delle quali prevede precisi punti di sviluppo.

 

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Partecipazione all’Open Design Conference

Sabato scorso 20 febbraio 2016, al Polo Tecnologico di Pordenone, si è svolta la prima conferenza italiana riguardante la progettazione Open Source. La voglia di far conoscere al pubblico i programmi Open Source si vede già dagli organizzatori dell’evento. Infatti i cancelli vengono aperti alle 8:30 presentando l’evento e gli obiettivi che si pone. Nel corso della mattina si sono trattati molti temi in più lingue dal utilizzo di un Open Source in architettura al chiedersi se i professionisti sono pronti o no per Linux. La mattinata si è conclusa con la tavola rotonda dei FabLab.

Il nostro staff non si ferma tanto per la pausa pranzo e tiene il primo Speed Talk del pomeriggio. Il tema: introduzione ad OpenSCAD. La spiegazione è avvenuta in modo rapido e facilmente comprensibile. Dopo poco Carlo e parte del nostro staff ha tenuto un altro speed talk. Nella quale si accingeva a dimostrare il funzionamento di OpenScad, con esempi presentatito.

Infine, verso la conclusione dell’evento, lo SciFabLab ha proposto al pubblico una conferenza intitolata “Oggetti che si posso realizzare esclusivamente con la stampa 3D: un diverso approccio al design”. Durante la conferenza sono stati presentati esempi di oggetti alternativi che si possono realizzare con la stampa 3D “in modo che si stampi qualcosa di diverso dal solito robottino o vasetto”,  come ad esempio la chiave inglese già assemblata (http://www.thingiverse.com/thing:1302202) o il tavolino regolabile (http://www.thingiverse.com/thing:925556).

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Le slide della conferenza del pomeriggio: conferenza_PN

Piattaforma Vibrante

Il mio nome è Taddea Druscovich è attualmente sto progettando presso il FabLab un exhibit didattico che presenta all’utente di un museo scientifico la forma visibile delle onde vibrazionali.

Come funziona l’exhibit:

Le sfere, che rappresentano piccole unità visibili, si posizionano sulla piattaforma vibrante nelle aree soggette a minore intensità di vibrazione, delineando sulla piattaforma stessa la forma visibile dell’onda. Il prototipo viene completato da Arduino Uno che rende l’exhibit autonomo. Arduino riproduce automaticamente le frequenze sonore che creano le rispettive forme visibili. L’interattività del exhibit è data dalla possibilita di cambiare le onde generate in maniera da esplorare le figure sulla piattaforma.

Il progetto del prototipo verrà presentato a maggio di quest’anno alla Mini Maker Faire di Trieste.

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